Hai mai sentito parlare del “recupero delle prestazioni sanitarie”? Questa frase è stata utilizzata spesso negli ultimi anni, soprattutto in riferimento a tutti quei servizi che il Servizio Sanitario Nazionale non è riuscito a garantire al cittadino a causa della pandemia. In realtà è un fenomeno che è sempre esistito. Di seguito ti spieghiamo come funziona.
In un sistema sanitario di tipo pubblico, che ha come scopo quello di garantire alla popolazione un livello di assistenza universale e avanzato, l’attesa per poter accedere alle prestazioni non sempre è breve.
Se, infatti, è data ai cittadini la possibilità di usufruire di servizi che vengono offerti secondo criteri di equità, la garanzia di vedere soddisfatto il diritto alla salute per tutti può scontare ritardi a fronte di risorse economiche, tecnologiche e umane non sempre adeguate. È per questo motivo che, sin dall’istituzione del nostro Servizio Sanitario Nazionale nel 1978, sia il governo centrale che, poi, successivamente i governi locali, hanno dovuto approntare sistemi di programmazione e gestione dei servizi per evitare che i tempi di attesa connaturati a un sistema universalistico si trasformino in una disfunzione strutturale che impatta pesantemente sui bisogni di salute.
Quando si parla di “recupero delle prestazioni”, quindi, si fa proprio riferimento a tutti quegli strumenti messi in campo, dal punto di vista sia normativo che organizzativo, per poter mantenere sotto controllo il potenziale di offerta dei servizi sanitari a fronte delle richieste di accesso. Se si considera che, negli anni, il “consumo” delle cure è aumentato a causa dell’invecchiamento della popolazione, delle cronicità ma, anche, da una comunicazione non sempre chiara e univoca rispetto all’opportunità e all’appropriatezza di accedere ai servizi, non stupisce che i tempi di attesa siano diventati uno dei temi più caldi nelle politiche di gestione sanitaria. I tempi di attesa dovrebbero sempre trovare una calibrazione in relazione all’urgenza della prestazione richiesta, qualunque essa sia, considerato che è la tempestività di un intervento necessario a garantire esiti di salute il più possibile favorevole.
Se, tuttavia, all’urgenza si affianca un’emergenza di proporzioni globali e imprevedibile, l’attesa più dilatarsi in modo esponenziale, con ricadute non solo nell’immediato ma soprattutto nel medio e lungo periodo.
Un esempio attuale: le conseguenze della pandemia
È il caso della pandemia da Covid – 19: molti dei servizi di salute normalmente garantiti alla cittadinanza sono stati posticipati e addirittura interrotti per poter far fronte alla gestione dei pazienti colpiti dal Covid-19. Posticipazioni e interruzioni che vanno a sommarsi a quelle attesa che abbiamo definito “connaturate”.
A due anni dall’inizio della pandemia, è ancora impossibile valutare compitamente la portata dell’impatto del COVID-19 sulle prestazioni non erogate, dal momento che i dati pubblicati sinora sono relativi a un periodo limitato nel tempo e le valutazioni in prospettiva futura non riescono ancora a fornire un quadro esaustivo del fenomeno. Con un certo grado di certezza, però, sono state individuate alcune aree il cui “blocco” e lento ripristino potranno avere maggior influenza sul benessere dei cittadini. Tra queste le attività di screening e prevenzione, fondamentali per accedere alle diagnosi, e i ricoveri; in ambito oncologico, ad esempio sono state stimate in 1 milione le diagnosi non eseguite nel 2020 e si prevede, pertanto, un incremento del 21% di nuovi casi di tumore entro il 2040. Secondo un monitoraggio di Age.na.s con la Scuola Sant’Anna di Pisa, nel corso del 2020, rispetto al 2019, il 50% circa dei programmi di screening hanno subito uno stop e vi è anche stato un calo particolarmente rilevante (-24,15%), di quei ricoveri ordinari che, pur già programmati, hanno subito uno slittamento considerato che molti reparti ospedalieri sono stati riconvertiti per poter accogliere i pazienti affetti da Covid-19.
Il governo ha messo in moto una serie di provvedimenti di stampo economico per facilitare il processo di recupero delle prestazioni. Tuttavia, non tutte le Regioni sono riuscite ad adottare dei piani concreti per mettere a sistema il finanziamento in termini di risorse umane e strutturali. Nell’ambito di tutte quelle riforme attualmente in discussione per riorganizzare un sistema che, già prima della pandemia, mostrava difficoltà – a partire da un modello organizzativo sbilanciato sugli ospedali, fino ai continui tagli di spesa – sarà, quindi, anche assolutamente necessario monitorare in modo costante l’andamento dell’offerta di salute per poter tornare a garantire ai cittadini quel diritto inalienabile e universale salvaguardato dalla Costituzione.